La Dieta ai tempi del Coronavirus: Infiammazione e Omega3 - Parte 7
In recenti studi sul Covid-19 è emerso che delle forme particolarmente virulente di questa polmonite interstiziale bilaterale si sono manifestate in soggetti giovani i quali, a seguito del contatto con il virus, hanno sviluppato una risposta infiammatoria abnorme e ridondante, che ha determinato un esteso danno al tessuto polmonare, tale da necessitare repentinamente il ricorso alla terapia respiratoria assistita.
Anche in questo caso si potrebbe trattare di una risposta del tutto soggettiva legata allo stato immunitario-infiammatorio pregresso che nel soggetto coesisteva in maniera asintomatica ben prima del momento del contagio con il coronavirus.
Da tempo sappiamo che l’infiammazione cronica, di basso grado, dunque asintomatica, è capace in maniera subdola, ma inesorabile, di compromettere la salute dell’uomo e che questo tipo di stato infiammatorio può venire promosso da uno stile di vita sedentario e soprattutto, da una dieta ad elevato carico glico-insulemico.
Una dieta ad elevato carico glico-insulemico è per intenderci come quella che oggi segue la maggior parte degli italiani e a cui in questa quarantena si sono ultra dedicati perseguendola con scellerata incoscienza, ossia una “western diet”, principalmente basata sul consumo di carboidrati raffinati, dolci, con largo abuso di zuccheri semplici come saccarosio, fruttosio o, ancora peggio, sciroppo di fruttosio-glucosio.
Recentemente ho potuto ascoltare un’intervista del dott. Shiva, il quale anche se per certi aspetti potrebbe risultare discutibile, ci lancia un messaggio chiaro e soprattutto ragionevole.
Il coronavirus è sicuramente un virus ad alta contagiosità e ha lasciato dietro di sé un numero di vittime impressionante, ma è anche vero che non tutti i casi di contagio si sono risolti con un decesso, anzi, in tanti sono riusciti a guarire dall’infezione. Questo risvolto, a prima vista inspiegabile o semplicemente legato al caso, è sicuramente in buona parte correlato alla risposta immunitaria del singolo.
Ancora oggi, non si pone a mio avviso la giusta attenzione al tipo di alimentazione che una persona segue e non si attribuisce importanza ad una condizione subclinica, assolutamente comune e diffusa nella popolazione occidentale, dove per altro il virus (non ha caso a mio parere) ha mietuto un maggior numero di vittime, nota come sindrome metabolica.
Tale condizione potrebbe porre l’individuo in uno stato infiammatorio di fragilità, anche se la persona in questione dovesse essere giovane e, tale fragilità, potrebbe rappresentare un viatico per lo sviluppo di una forma grave di infezione da coronavirus qualora il soggetto dovesse venire contagiato.
Tra gli alimenti di cui andrebbe incrementata l’assunzione giornaliera perchè funzionali alla riduzione dello stato infiammatorio troviamo quei cibi ricchi in acidi grassi della serie omega3, come:
- Semi di lino e semi di chia
- Ribes nero
- Pesce azzurro, di piccola taglia (alici, sarde, sardine, acciughe, sgombri, etc)
- Portulaca
- Trifoglio
Dr.ssa Monia Senni Biologa Nutrizionista