La Dieta ai tempi del Coronavirus: Vitamina D-25OH - Parte 8
In una recente ricerca condotta dal Policlinico San Matteo Fondazione IRCCS di Pavia, i colleghi Nutrizionisti hanno riscontrato che la maggior parte dei pazienti positivi al Covid-19 si trovava contestualmente in una condizione di ipovitaminosi di vitamina D-25OH.
I livelli sierici di questa importante vitamina registrati sui pazienti Covid-19 erano mediamente al di sotto dei 10 ng/ml, dunque quasi in una condizione di carenza marziale, difficilmente imputabile alla stagionalità o allo scarso intake alimentare.
A questa ipovitaminosi D si è aggiunta un'altra evidenza, ossia, che lo stato nutrizionale pregresso dei pazienti Covid-19 ricoverati in ospedale era frequentemente collocabile nella classe del sovrappeso, testimoniata da un indice di massa corporea <26 Kg/m2. (BMI).
E’ ormai risaputo che il grasso in eccesso della zona addominale esercita un’azione pro-infiammatoria e di sequestro sulle vitamine liposolubili, vitamina D compresa, per cui la condizione di sovrappeso può potenzialmente venire annoverata tra le cause di ipovitaminosi D.
Serviranno comunque ulteriori approfondimenti per meglio comprendere se questa ipovitaminosi D sia concausa o effetto dell’infezione da coronavirus. Nel caso del San Matteo una delle strategie nutrizionali applicate sui pazienti è stata quella di ricorrere alla supplementazione precoce di vitamina D.
Nella mia pratica ambulatoriale il dosaggio della vitamina D-25OH è pressochè routinario e i livelli sierici dei pazienti difficilmente raggiungono la sufficienza, condizione, per altro, trasversale in uomini e donne di qualsiasi età.
In considerazione dell’azione multitasking della vitamina D, compreso l’importante ruolo svolto in ambito immunitario, colgo l’occasione per esplicitarvi alcuni suggerimenti che tutti possiamo mettere in pratica anche presso il nostro domicilio, per favorirne una adeguata introduzione alimentare, una corretta assimilazione e stimolo alla sintesi cutanea.
INTAKE ALIMENTARE: purtroppo sono davvero poche le fonti alimentari di questa vitamina e tra queste troviamo:
- Olio di fegato di merluzzo o di altri pesci grassi come il salmone selvaggio, l’aringa, le sardine, le alici, lo sgombro
- Funghi
- Burro di malga (prodotto con latte di vacche che hanno pascolato al sole e brucato erba)
- Ostriche e gamberi
CORRETTA ASSIMILAZIONE: per garantire che la vitamina D assunta attraverso il cibo venga adeguatamente assimilata è fondamentale innanzi tutto mantenersi del proprio peso forma (normopeso), evitando di prendere chili di grasso in eccesso, specie nella zona addominale, in quanto questo grasso si comporta come una vera e propria “calamita”, sottraendo la vitamina D al suo corretto ciclo di assorbimento.
Inoltre, occorre mantenere in salute reni e fegato, due organi focali nel metabolismo della vitamina D, in quanto in queste due stazioni organiche la molecola vitaminica viene trasformata nella sua versione funzionalmente attiva.
CORRETTA SINTESI: dal momento che circa l’80% della vitamina D viene sintetizzata a livello cutaneo durante l’esposizione ai raggi solari, una carenza di questa vitamina può derivare da comportamenti che impediscano l’esposizione al sole, come il vestirsi troppo coperti, l’utilizzo di protezioni solari troppo elevate oppure restare al chiuso per lunghi periodi.
Nei soggetti potenzialmente più fragili potrebbe risultare utile una supplementazione di vitamina D, che va assolutamente personalizzata in termini di dosaggio in base ai livelli sierici pregressi, all’età, al genere, al livello di attività sportiva, al tipo di professione svolta, presenza di patologie, terapie farmacologiche in atto. Si rende dunque necessaria una valutazione da parte di un Nutrizionista esperto che sappia valutare il tipo di prodotto e la posologia più opportune.
HAVE A GOOD SUNLIFE!
Dr.ssa Monia Senni Biologa Nutrizionista